LA SFIDA DI THOREAU
Il suo valore sta in ciò che sottintende, ossia che l'essere umano influenza l'esterno attraverso la sua coscienza, quindi che il mondo fuori é un'estensione dell'uomo. Per contro, é anche sottintendere che la comune quotidiana abitudine umana é subire la giornata con i suoi eventi e non influenzarla, sottolineando con ciò che l'uomo é nella pratica comune non libero, succube dei fatti. Una condizione che Thoreau ha scoperto attraverso la sua personale esperienza di vita nei boschi, come narrato in 'Walden', dove a stretto contatto con la natura, nella solitudine che gli permise di entrare nel profondo di sè, realizzò l'inconsistenza degli affanni della vita di città da cui si era allontanato.
'Walden' non è un'esortazione a fuggire dalle città ma piuttosto dagli affanni che l'uomo stesso crea in se stesso, insieme a tante necessità inesistenti in natura. E' l'invito ad accorgersi di ciò che accade in se stessi piuttosto che di quello che capita fuori, mero riflesso dell'attività interiore dell'uomo. E' l'esortazione alla riscoperta del rapporto col sé, unica fonte di certezza.
Al fine di influenzare la qualità della giornata, sia gli eventi che l'uomo incontra che quelli che non si sono ancora manifestati, egli deve in primis essere consapevole di questa sua influenza sull'esterno, nonché, per logica conseguenza, padroneggiarla attraverso la conquista del controllo di sé ed in quest'ultimo fatto giace la reale sfida. Si tratta di una sfida perché non é immediatamente digeribile il fatto di essere unici autori del proprio mondo, ne scaturisce che non si può più giudicare o biasimare niente e nessuno, oppure incolpare gli altri o formarsi alibi a giustificazione delle condizioni indesiderate, reazioni comuni all'essere umano abituato a trarre conclusioni dalle apparenze e non dalle reali cause che in lui stesso risiedono.
E' anche una prova di coraggio nella società odierna, genitrice di una sempre più crescente esteriorità, perchè la consapevolezza di un simile ruolo prevede poi una sola via: occuparsi esclusivamente di sé e tramite sé del mondo esterno, specchio di tale attività interiore, dominando le proprie reazioni nelle faccende ed eventi quotidiani. Si tratta di un'occupazione che non nega le azioni fisiche ma le subordina all'azione mentale in una scelta consapevole fatta in funzione del risultato che si vuole ottenere all'esterno. L'Uomo è generalmente riluttante ad accettare una simile responsabilità, la quale, se ben compresa, non risulterà più un peso gravoso bensì la porta verso la libertà.
In questa situazione il fuori cessa la sua valenza di causa e l'interesse personale si sposta inevitabilmente sul sè, unica fonte della realtà esterna. Tutto ciò non si tramuta in isolamento o mancanza di interesse per cosa accade fuori di sè ma nella realizzazione e focalizzazione delle reali cause che danno origine al fuori, le quali, modificate, possono influenzarlo, cosicché il mondo esterno diventa necessario nell'osservazione, da principio come fonte di cambiamento interiore e dopo come riprova di quel cambiamento, nonché godimento dei risultati pre-determinati in sé, come appunto la modifica della qualità della giornata.
Thoreau paragona questa attività, che è spirituale, interiore, ad una vera e propria arte, la più elevata di tutte, ed io concordo con quella affermazione aggiungendo che a mio avviso essa é un'arte fondamentale e l'unica che valga la pena comprendere e praticare prima di ogni altra perché é l'arte del vivere da esseri pienamente liberi, poiché non vi è libertà piena se condizionata da qualche forma esterna, in pratica: se lasciate che l'esterno vi condizioni!
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