ANDARE OLTRE
«C’è un oltre in tutto. Voi non volete o non sapete vederlo. Ma appena appena quest’oltre baleni negli occhi d’un ozioso come me, che si metta a osservarvi, ecco, vi smarrite, vi turbate o irritate» (L. Pirandello)
Estraniarsi da ciò che si osserva permette di entrare nel suo spirito, di avere l'ispirazione sulla natura di cosa si osserva ma estraniarsi non prevede il giudizio, il giudizio contaminerebbe la 'visione', uno stato ben conosciuto agli eccelsi di ogni campo, i visionari di ogni epoca tra cui coloro che hanno segnato la storia dell'arte. Non potete conoscere nulla nel suo spirito se non lo diventate e così, nel silenzio (che non significa solitudine), il 'visionario' mette da parte il suo giudizio e con lui se stesso diventando strumento limpido per il fluire dell'ispirazione. Lasciando che l'opera stia in lui e parli da sé ne cattura la vita, l'anima, e fondendosi con essa può rappresentarla nella sua maestosità perché la fa sua, la incarna.
Così Pirandello osserva l'uomo nella maschera ed oltre la maschera e lo denuda e pone di fronte a se stesso turbandolo nel mostrargli ch'egli non si ferma per andare 'oltre' se stesso ma si perde nell'incertezza della sua maschera. L' "oltre" di Pirandello é ciò che sfugge comunemente all'Uomo, sempre più perso nella sua parte, in quel ruolo che egli dà a se stesso nella vita, e di conseguenza al mondo perché ogni essere umano interpreta il mondo dalla posizione psicologica che abita dentro di sé, una tra le infinite magioni dell'animo umano tra cui egli sceglie inconsapevolmente. Un'immagine di essere immobile quella dell'uomo osservato da Pirandello, di colui che non si accorge che sta coprendo l' 'oltre' con tutto se stesso: il personaggio, l'identità che egli si dà e che determina tutti i ruoli delle altre comparse del dramma della sua vita. Un inquadramento che toglie a ciò ch'egli osserva la sua natura e gliene conferisce altre diventando una coltre che gli offusca la visione del tutto e lo confonde, diventando auto-condanna, limite che egli impone a se stesso per mezzo della sua propria maschera; poi, perso quel senso innato della vita che sta in tutto ed in primis in lui stesso, quella semplicità portatrice di certezza, che solo nel suo silenzio interiore può riscoprire, lo deve recuperare, ma corre a cercarlo fuori e lì non lo trova. Immerso nelle sue abitudini, intontito dagli svaghi, con le regole tenta di assicurarsi la tranquillità che però dentro gli manca e quel 'dentro', causa di tutto, resta inesplorato mentre il 'fuori', che sembra sempre più importante, diventa ostile ed incontrollabile poiché non ne percepisce la natura e lo domina ed egli si lascia dominare poiché gli dà valore rendendolo causa della vita, indipendente da se stesso. Anche Roy Andersson mostra quella immobilità attraverso gli allegorici occhi di un piccione seduto su un ramo che riflette sull'esistenza. In una lentezza inevitabile in tale film, l'uomo é messo a nudo e ridotto ai minimi termini sin dalla scenografia, sbiadita ed essenziale, immobile come ciò a cui fa da sfondo e che si ripete nel tempo: le sue stesse gesta. Anche la musica non cambia e nemmeno le regole, fonte di effimera certezza a cui egli si aggrappa persino nella ricerca del senso delle relazioni umane. Non si riconosce lo spettatore in quella descrizione così slavata, non é uno svago e non diverte pensare di essere così smarriti, impotenti, tristi, tant'è che durante la proiezione alcuni abbandonano la sala mentre altri si addormentano. Tocca un tasto interiore dolente quel film, non é piu svago, mostra la verità e non la cela perchè gli svaghi sono stati inventati per ottundersi, ed é emblematico che i due protagonisti del film di Andersson siano venditori di scherzi per allietare le feste.
A distanza di anni, Andersson conferma Pirandello in quella sua affermazione e nel testo che in quel diario di un cineoperatore segue, mettendo davanti ai nostri occhi, con un'allegoria che risulta persino grottesca, la responsabilità dell'uomo nei confronti di se stesso e della vita sotto ogni forma, davanti alla quale resta spesso immobile in uno stato intontito dal fragore di un esterno che egli stesso crea per colmare quel vuoto di risposte che gli mancano per comprendere il senso della vita e dei fatti che vive. Un esterno che stordisce sempre più ed allontana dal silenzio interiore, benefico ispiratore di comprensione di sé e di conseguenza degli altri, che non gli permette di domandarsi che cosa ha a che fare con quelle provocazioni, se tali si possono considerare, e se gli stanno raccontando qualcosa di importante per lui stesso. Non sempre riconosce la sua immagine riflessa negli altri, gli sfugge il senso di unità e diventa 'sè' e gli 'altri', divisi: il mondo nemico per la maggiore, gli altri responsabili delle sue sfortune o di quelle del mondo e se stesso solo delle sue glorie. C'è quasi sempre un capro espiatorio, qualcosa da condannare, il giusto e lo sbagliato in tutto ma soprattutto negli altri, ognuno é perfetto per se stesso e pronto a puntare il dito, come giudice, sugli altri di cui magari non sa nulla e pretende di sapere tutto. Dietro la maschera che l'Uomo veste non é permesso vedere quella altrui proprio perché non sua, il giudizio é quindi riferito a qualcosa che egli non conosce e stenta a mettersi nei panni altrui per rimediare a quella ignoranza. Interpreta, intuisce ma non può entrare nello spirito dell'altro, dunque il giudizio non sarà mai sicuro e veritiero ma solo una supposizione. Non nota l'essenza di tutto, quella che unisce in sottofondo, sempre esistente, e persa lei, é persa la pace perché la divisione non può portare la pace.
É sempre l'Uomo a creare la maschera che veste e che gli impone i suoi limiti: tutti i punti di vista di quella maschera che non può o non vuole vedere "oltre" e cioè tutte le maschere dell'umanità, forse non condivisibili nei loro atti ma pur sempre maschere come la sua. Perse, come lui, alla ricerca di sé.
Che buffo! Era da molto che non leggevo il tuo blog, lo faccio oggi e trovo una citazione dal libro di Pirandello su cui ho fatto un esame l'altro giorno! (e le domande del prof sono state proprio sul tema dell'oltre al di là delle maschere). :-)
RispondiEliminaUn abbraccio, Yoyo, sei sempre meravigliosa!!
Manuela